Gli italiani a Barcellona che contano ci sono tutti. Fuori dal Centro Artesà Tradicionàrius di Barcellona, nel mondo normale, si festeggia San Valentino, c‘è il big match del campionato e poi anche il festival di Sanremo, ma a noi, onestamente, qualcuno ha insegnato ad essere contro l‘ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto. Quel qualcuno si chiama Francesco Guccini e lo sa bene il nostro amico Steven Forti, factotum fantasioso dell‘ormai celebre festival “Cose di Amilcare“.
Con la dialettica degna del miglior Branduardi e il carattere pungente e provocatorio come Hendrix, tanto per rimanere in tema di neo-scapigliati, Steven offre ai suoi connazionali e non, un omaggio al grande cantautore emiliano e il pubblico delle grandi occasioni non può far altro che apprezzare e ringraziare.
Francesco Guccini a Barcellona |
Steven Forti - Cose di Amilcare |
Come tutti gli omaggi che si rispettano, Guccini se ne sta tranquillo seduto sulla sua poltroncina, almeno per tutta la prima parte, in cui si alternano sul palco vari artisti internazionali che si esibiscono, nelle proprie lingue madri, in cover di canzoni più o meno conosciute del nostro Francesco.
Miquel Pujadó e Roger Mas si cimentano in catalano. Il primo canta con spensierata nostalgia “Un altro giorno è andato“. Mas invece offre una versione sentita e sempre commovente di “Canzone per un‘amica“. Dopo di loro tocca al delizioso trio TroffaHamra con la chicca “E tornó la Primavera“ e a Tamar McLeod Sinclair, la quale strappa applausi con la finezza del suono del pianoforte e una versione di “Ti ricordi quei giorni“ in lingua maori.
Poi c‘è lei, Rusó Sala, il cui fascino e quell‘eleganza un po' rétro mentre canta, accompagnata alla chitarra da Caterinangela Fadda, “L‘osteria dei Poeti“, meriterebbero un articolo a parte e un romantico, intimo brindisi, esattamente come quello da lei proposto alla fine dell‘attuazione.
Non può mancare il grande ‘Flaco‘ Biondini che prima esegue “Scirocco“ e poi in coppia con la grintosa e infaticabile Silvia Comes alla voce, suona “Amerigo“ e in conclusione, come non poteva essere altrimenti, “La locomotora“, versione catalana della locomotiva gucciniana.
Le parole cambiano ma i brividi provocati dalla bomba contro l‘ingiustizia e dalla fiaccola dell‘anarchia sono completamente identici.
Roger Mas |
Dopo la pausa caña/tabacco, è finalmente il turno di Guccini a salire sul palco. Accompagnato da Carlo Petrini e da un incontenibile Sergio Staino, il cantautore attraversa con le parole oltre cinquant‘anni di storia contemporanea, da Pavana sull‘Appennino a Bologna, Barcellona, Cuba, dagli anni Sessanta a oggi. I tre, insieme, celebrano la vita passata e scherzano sulla morte con aneddoti divertenti e un po' rassegnati che hanno forse il colore di favole spente, ma lo stesso desiderio di cambiare il mondo e la stessa rabbia poetica di quando tutto ebbe inizio.
È evidente che tra il pubblico non ci sia nessun Bertoncelli e l‘atmosfera non è affatto barocca come sarebbe alla stessa ora su RaiUno, anzi sembra piuttosto di essere all‘osteria da Vito. Nonostante gli oltre 70 anni suonati da un pezzo, con il grande Francesco Guccini si ride sempre, si sogna, non si pensa all‘America, non si rinchiudono le idee in una galera e non si arriva mai per contrarietà.
di Andrea Testini